La pittura di paesaggio come forma di rappresentazione autonoma nacque in ambito fiammingo nella seconda metà del ‘500, per estendersi al resto d’Europa ed affermarsi definitivamente come “genere” pittorico autonomo nel corso del ‘600, grazie soprattutto alla rivoluzione “classicista” e naturalista operata prima dai Carracci e poi da Poussin e Lorrain, ad un complesso rapporto di scambi e crescita culturale, legate alle vicende del Gran Tour, e ad un particolare interesse suscitato presso i collezionisti e gli estimatori d’arte.
Categoria: Landscape
Paesaggi senza tempo
“Una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale, non è; anzi è piuttosto artificiale: come a dire, i campi lavorati, gli alberi e le altre piante educate e disposte in ordine, i fiumi stretti infra certi termini e indirizzati a certo corso, e cose simili, non hanno quello stato né quella sembianza che avrebbero naturalmente.”
Leopardi, 1824 “Operette Morali -Elogio degli Uccelli”
Il paesaggio, quindi, in quanto sintesi di fenomeni e strutture tra loro interrelate, insieme di elementi diversi e di sistemi di varia natura e qualità – naturali, seminaturali, artificiali, (Maniglio Calcagno, 2007) non è il frutto dei soli processi naturali, ma anche l’esito dell’azione dell’uomo sul territorio, che nel tempo lo ha usato, organizzato e gestito; non a caso Emilio Sereni agli inizi degli anni ’60 dello scorso secolo nel descrivere la storia del paesaggio agrario italiano affermava che lo stesso è “quella forma che l’uomo nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente, imprime al paesaggio naturale” (Sereni, 1961), spiegando, in tal modo, che la costruzione della forma del territorio agrario è subordinata al rapporto di trasformazione nel tempo degli habitat naturali da parte dell’attività dell’uomo, al fine di trarre sostentamento e ricchezza da un uso guidato dei processi naturali.
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